2 Dicembre 2018

2. Ciao Enzo

di Sandro

Pensandoci bene è sempre la competizione tra morte e tempo che fanno di un uomo un eroe. Un uomo quando decide che per eseguire una azione deve rinunciare alla sua vita, che il suo grano è giunto a maturazione va a sfidare il suo destino elevandosi come unico interlocutore con la morte. Gino considera Enzo un eroe proprio per questo perché sino alla fine lui è stato l’unico protagonista del suo destino sino alla decisione più estrema. Decisione, che lui dopo la morte di suo figlio non ha mai avuto il coraggio di prendere , anche se quel pensiero non lo ha mai abbandonato. Ora Carla chiede a lui come agli altri amici di descrivere Enzo il suo volto, il suo carattere, il suo modo di essere , con delle frasi che si rincorrono in un foglio bianco. Gino non sa cosa scrivere , perché voler scrivere significa anche svelarsi e lui i suoi sentimenti li vuole custodire come valore aggiunto alla sua sofferenza. Descrivere il proprio dolore significa quasi liberarsi di una catena come dallo psicologo far riemergere cose che si nascondono tra le pieghe dei ricordi. E questo lui, non è ancora pronto a farlo. Allora chiede un aiuto ad Alberto che conosce la sua storia e gestisce Olimpia in quei rari momenti che si assenta per lavoro . Proprio ad Alberto persona sensibile e grande lettore ha chiesto aiuto per scrivere una lettera che non apparisse banale e allo stesso tempo stucchevole. Proprio a lui che in mezzo a tante poesie e a tante frasi da cioccolatini un giorno gli aveva consegnato un bigliettino con una poesia di Mario Durante tanto semplice quanto potente nel descrivere la morte:

“Se son morto
non mi piangete
son qui, libero
di vedere il bello
oltre ciò
che voi vedete”

Un bigliettino che tiene sempre nel portafogli e che in alcuni momenti rilegge, e manipola come un talismano giustificativo a ciò che gli è accaduto. Alberto di fronte alle richiesta di Gino prende un tovagliolo dal bancone e senza alzare mai la mano scrive di getto:
TI HO CONOSCIUTO NEL MOMENTO DEL BISOGNO, COME ABILE ALLEVATORE,
COME RISOLUTO ADDESTRATORE …..TI HO AVUTO COME AMICO.
ANCHE TU, COME TUTTI NOI HAI DOVUTO SCALARE LA TUA MONTAGNA
CHE A DIFFERENZA DI ALTRI SI E’ PRESENTATA PIU’ TORTUOSA A E VOLTE PIU’ IRTA.
FORSE LA VETTA E’ STATA TROPPO ALTA DA RAGGIUGERE E LASSU’ NON HAI POTUTO PIU’ CONFRONTARTI CON NESSUNO.
UN CONFRONTO CHE FORSE TI SAREBBE SERVITO PER AIUTARTI AD USCIRE
DALL’OBLIO DI PENSIERI NEFASTI CHE ALLA FINE TI HANNO SCONFITTO NELLA BATTAGLIA DEL PERSEVERARE.
NESSUNO HA IL DIRITTO, NE’ LA COMPETENZA, NE’ LA SUPPONENZA , NE’ LA MORALE DI PER POTER GIUDICARE IL TUO GESTO.
SAPPI TUTTAVIA CHE DA PARTE NOSTRA RESTA L’AMAREZZA DI NON AVER SAPUTO COGLIERE DIETRO LE TUE PROFONDE RUGHE ED IL TUO SGUARDO TALVOLTA SCHIVO IL TUO DISAGIO.
TALE DOLORE CE LO PORTEREMO DENTRO CON IL RIMORSO, LA RABBIA E L’ANGOSCIA DI NON AVERCI ALMENO PROVATO A FARTI DESISTERE DAL TUO AGIRE.
FORSE QUESTO NON ERA GIUSTO CHE TU CE LO LASCIASSI COME FARDELLO DA TRASCINARE TUTTI I GIORNI. O FORSE L’HAI FATTO DI PROPOSITO PERCHE’ IL TEMPO NON STEMPERASSE VELOCEMENTE IL NOSTRO DOLORE.
TUTTAVIA L’AUGURIO, DI NOI CHE RESTIAMO E’ CHE, NEL MONDO DOVE LA LIVELLA RENDE TUTTI UGUALI, TU POSSA CAMMINARE SPENSIERATO PER LUNGHE DISTESE DI BOSCHI E PRATI MAGARI NON DA SOLO MA IN COMPAGNIA DI ALTRE PERSONE DOVE IL SORRISO E’ UN OBBLIGO E DOVE LA TRISTEZZA E’ ABOLITA PER LEGGE.

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