2 Dicembre 2018

2. Ciao Enzo

di Sandro

Tuttavia la morte di Enzo ha solo fatto riemergere il dolore di Gino. D’altronde come si fa a superare completamente la morte di un figlio che natura vorrebbe dopo quella del padre? A queste domande Gino non aveva mai trovato una risposta adeguata e il suo torpore forse era dato da tutti questi interrogativi che lo rincorrevano tutte le mattine, tutti i pomeriggi e spesso anche la notte. Il tavor anche se abusato non aiutava lo stesso a prendere sonno. Forse serviva proprio l’aiuto di qualche tipo di droga ma così sarebbe diventato schiavo sia dello stupefacente che dei suoi pensieri. Ora che Enzo ha deciso di andarsene sicuramente è da qualche parte con suo figlio e forse stanno cercando assieme un altro cane. La speranza è che ne trovino uno all’altezza di Olimpia. Auguriamoci non vogliano proprio Olimpia perché per Gino risulta l’unico legame che resta tra il passato ed il presente e quando vede correre Olimpia rivede il sorriso di suo figlio. Ma se proprio vorranno quel cocker lui lo lascerà andare come farebbe qualsiasi padre per il bene del proprio figlio sapendo che prima o poi il tempo li farà incontrare tutti e sicuramente per sempre.
Non è giusto che a lui già provato da un dolore così difficile da sopportare, la vita gli abbia riservato anche il rimorso di aver mandato alla deriva una amicizia. Come per tutti la mancanza di una persona si fa sentire quando questa si eclissa per sempre. Come la libertà, come l’amore, come la salute ti accorgi della loro mancanza quando ti vengono a mancare , quasi averli sia un proprio diritto. Anche l’amicizia va coltivata, non con le cene, non con le commemorazioni natalizie, non con gli auguri per il compleanno, ma con le parole dette sinceramente. Ed Enzo dopo quel che era successo a suo figlio, parole non ne voleva più ascoltare, ne conferire perché tutto gli appariva banale, superficiale ma soprattutto inconciliabile con il suo umore. Ora Carla, compagna di Enzo aveva organizzato il suo ultimo saluto con una cerimonia non religiosa in cimitero dove chi voleva poteva leggere qualcosa in sua memoria. Un bel modo per salutarlo ricordando solo le cose belle. E quelle brutte? Quelle brutte restano a noi, come l’amarezza di non essere riusciti a lanciarli una fune per potersi aggrappare e poter lottare uniti contro le improvvise rapide della vita. Questo rimorso resterà a Carla e anche ad Gino per tutta la vita, assieme al rancore per non essersi accorti in tempo di ciò che stava accadendo. Ma resterà anche la rabbia per i silenzi di Enzo, per la scelta di una volontaria ermetica solitudine ma soprattutto per essersi fatto trovare così inerme appeso ad una corda. Mario, che spesso deve fare delle constatazioni di morte, racconta di corpi con la faccia gonfia, emaciata non facili da gestire emotivamente. E Carla ha dovuto vedere per prima tutto questo, chiamare il medico e gestire il suo dolore. Eppure Gino, nel vortice dei suoi pensieri, nutre un profondo rispetto per Enzo. Lo vede come “Il Gladiatore” nell’omonimo film, il quale dopo aver ucciso Commodo raggiunge i suoi cari nella terra dei morti. Commodo per Enzo era rappresentato dal tempo e lui come un eroe aveva deciso di chiamare la cupa mietitrice decidendo che il suo campo di grano era giunto a maturazione, aveva sconfitto così nell’ultimo duello il rivale: il tempo.

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1. Drogato di vita

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3. Il giorno dopo

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