19 Agosto 2019

12. Strani scherzi della vita I

di Sandro

La cosa mi stava incuriosendo. Forse troppo. E suo padre? Dov’era? Non ho avuto il coraggio di chiederglielo. Il giorno dopo l’ho rincontrata al buffet e ho riattaccato bottone. “Buongiorno Aurora!”, le ho detto. ”Buongiorno dottore come fa a ricordarsi il mio nome?” Beh, ti chiami come la figlia di Ramazzotti”. Lei ha sorriso e ha aggiunto: “Io sono più vecchia della figlia di Eros, quindi è stato lui a copiare”. ”Diciamo che lui ha reso famoso un nome già bello di per sé” ho risposto. “Poniamola così”. Ha replicato, continuando a sorridere e mostrando una dentatura candida e perfetta. Più la guardavo e più mi sembrava mi assomigliasse. Ad certo punto lei ha scostato i suoi lunghi capelli improvvisando una treccia unita da un elastico trovato tra i gadget . Potevo vedere le sue orecchie. Alla base del lobo dell’orecchio destro, presentava un neo, proprio come quello del sottoscritto. Mi è venuto di nuovo un brivido, violentissimo. Continuava a frullarmi nella testa che quella ragazza avesse delle affinità con me e non riuscivo a pensare ad altro. La mia curiosità continuava a tormentarmi, volevo indagare. Non avevo sentito nessuna menzione su suo padre. A questo punto le ho chiesto: “E tuo padre cosa pensa delle tue scelte?” Lei mi ha guardato, ha sorriso appena quel poco da far arricciare il labbro superiore e seraficamente mi ha detto: ”Mia mamma è una ragazza madre. Ha accettato la sua gravidanza non proprio programmata. Ha deciso di arrangiarsi, e di crescermi da sola. Ha consciamente scelto di essere una mamma e un padre contemporaneamente. Ha cercato di rappresentare la dolcezza della prima e di impersonare l’autorità del secondo facendomi crescere libera, ma accorta nei confronti dei tranelli della vita. Un altro brivido mi ha colto improvvisamente. Anch’io non avevo conosciuto mio padre, o meglio avevo avuto un padre ed una madre, ma adottivi che mi avevano accolto a cinque anni e tolto da un orfanotrofio lager. Sebbene entrambi mi avessero coperto di attenzioni, mi avessero fatto studiare, mi avessero amato come un vero figlio a me è sempre rimasto il dubbio lacerante di chi effettivamente io fossi. Un dubbio che ho cercato di fugare facendo delle ricerche, ma resesi impossibili per la chiusura dell’orfanotrofio. Tutta la documentazione per legge è stata secretata perché di pertinenza ecclesiastica. L’unica cosa che sono venuto a sapere, per vie traverse, è che mia madre era una giovane mondina, che un giorno aveva abbandonato un frugoletto nella culla sempre a disposizione sulla porta dell’orfanotrofio. Tra le mani mi hanno trovato un soldo d’argento. Cosa avesse significato non l’ho mai capito. Forse il prezzo da pagare a Caronte perché aspettasse prima di imbarcarmi per l’inferno. Il dazio per poter attendere quelli che poi sarebbero diventati i miei genitori. Forse. Forse è solo una mia fantasia, ma ho voluto raccontarmela così. Un giorno quel soldo troverà la sua collocazione adeguata nel puzzle della mia vita.

Naturalmente tutto questo non l’ho raccontato ad Aurora, però un nuovo brivido mi ha colto e la gamba ha vibrato violentemente facendolo sembrare un tic.

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