20 Aprile 2019

9. Milano

di Sandro

Tutta la giornata la passammo a parlare, ad un certo punto guardandola fissa negli occhi le chiesi: “Perché non mi hai mai cercato?”. Lei replicò, che provò più volte a chiamare in sessione, ma a rispondere erano sempre persone diverse e che ad certo punto le sembrava la stessero intercettando. Linda, in effetti, faceva parte del gruppo dirigente della gioventù Comunista e quindi facilmente la controllavano. Noi inoltre avevamo subito diverse perquisizioni da parte della polizia e la convinzione, mai accertata, era di essere costantemente controllati. La “Ragion di stato” non ci aveva permesso di approfondire i nostri sentimenti. Mi ricordava lontanamente Giulietta e Romeo però, a differenza loro ora potevamo recuperare il tempo perduto. La sera dopo aver cenato in una osteria anonima, lei mi prese per mano e fuori del locale mi disse: ” Caro Gigi ora vorrei terminare quello che ho iniziato quattro anni fa a Roma e non ci sarà nulla e nessuno a fermarmi. Sei un bell’uomo ma, ti ho aspettato tanto….forse troppo”. Andammo in un monolocale di un compagno partito per Parigi. In quel momentaneo rifugio tutto nostro, i corpi che si desideravano tanto quanto le anime si abbandonarono a loro stesse. Si lasciarono andare ad un rituale amoroso dove il pudore e la timidezza, furono vinti dalla passione. Quella notte capii cosa significa desiderare una donna, capii quando una donna ricambia il tuo desiderio, capii l’abbandono all’estasi, capii l’energia che possono emettere due corpi impregnati di passione. O forse pensai di aver capito tutto. Forse mi arricchii di una esperienza che non mi avrebbe più lasciato, una esperienza che posso riportare nel mio diario e rileggerla con gli occhi della vita vissuta. Aspettammo l’alba, vedemmo il sole sorgere dalla finestra, avvolti da una coperta. Un’alba un po’ scialba perché era inverno e a Milano è sempre presente un po’ di foschia , ma per noi fu la più bella e sicuramente per me, indimenticabile. Linda fece un caffè e ancora con la tazza in mano mi disse a muso duro: “Ho deciso. Ora io entro in clandestinità e farò parte delle Brigate Rosse. Se vuoi condividere come me questa unica forma di lotta nei confronti del sistema ti unisci ai compagni combattenti altrimenti ci salutiamo seduta stante.”

Un cazzotto nella bocca dello stomaco mi avrebbe creato meno dolore. Per una volta, forse la prima, forse anche l’unica, la ragione prevalse sull’istinto e di questa mia decisione non ebbi mai occasione di pentirmene. Pacatamente guardandola nel profondo dei suoi occhi che mi sfidavano in uno sguardo intenso e sfidante le dissi: ”Se dovessi scegliere fra te e qualsiasi suggestiva carriera non avrei alcun dubbio nella scelta, ma tra te e la vita di un uomo, la mia morale cozza violentemente contro i principi ghandiani della “non violenza” in cui io credo fermamente. La violenza crea violenza, crea rancore, crea odio ma soprattutto sete di vendetta e il perdono è un piatto che si serve e si consuma sempre molto freddo.” Lei mi guardò, sapeva che in fondo avevo ragione, ma ormai così aveva deciso. Ci abbracciammo teneramente per un tempo infinito. Mi vestii, la salutai e chiusi la porta dietro di me senza voltarmi. Sapevo che lei dalla finestra mi stava osservando. La deriva che aveva preso, la lotta operaia, mi fece odiare per la prima volta la politica.

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8. Linda

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10. Poi . . .

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