31 Dicembre 2019
Dopo esserci guardati nel viso ancora un po’, l’imbarazzo cominciò a salire. Certo mi era difficile chiedergli seraficamente: ”Come va?”, oppure “Come stai?” o “Cosa ti è successo?”. Ogni domanda o riflessione mi appariva inopportuna. Ad un certo punto mi vennero in mente i due cartelli, uno sul trespolo del pappagallo e l’altro accanto ai suoi piedi, così gli chiesi: ”Perché hai esposto quei due cartelli? Che significato hanno? Non potevi scrivere come tutti, lasciate qualcosa per sfamare il pappagallo?”
Sergio mi guardò, sorrise e disse: ”Banale, troppo banale”. Io i soldi per dare da mangiare a Beniamino il pappagallino, li possiedo. Ho messo il cartello “SPESSO GIOIAMO DEL SILENZIO DI PAROLE” come una provocazione, essendo lui un gran parlatore. E’ l’unico che ogni mattina mi saluta senza secondi fini, senza falsi sorrisi, senza porsi delle domande senza pretendere risposte. Un barbone a chi può creare interesse? Nessuno mi rivolge la parola e io di questo gioisco. Non sono obbligato a chiedere niente a nessuno e nessuno ha l’obbligo di parlare con me! Il mio tetto è tutto e niente. La mia casa è un anfratto che non possiedo, dove posso andarmene quando voglio, libero come gli uccelli, leggiadro come le nuvole. Allo stesso tempo non ho più paura della solitudine. Solitudine che vincevo frequentando donne provvisorie, falsi amici e una moltitudine di persone inopportune. Un mondo umano che pensavo servisse a riempirmi il vuoto dell’anima, ma che alla fine appartengono solo ad uno strascico di conoscenze che mi hanno fatto aumentare il disagio nei confronti dell’essere umano. Ho deciso di vivere così per essere veramente libero. Ora sono più libero del sole, perché lui ha l’obbligo di sorgere tutte le mattine, più libero del tempo perché lui ha l’obbligo di scorrere, più libero degli uccelli perché devono seguire un ritmo biologico, più libero di un’onda perché lei alla fine deve infrangersi!”.