3 Novembre 2018

1. Drogato di vita

di Sandro

I quattro amici che con puntualità maniacale si trovano ogni mattina, oramai li conosco per nome come i miei ex alunni. Il più alto è Mario, è un anestesista sulla cinquantina che prende con me ogni mattina il treno, lui per recarsi in ospedale io per recarmi come già detto alle carceri. Quello che arriva sempre per secondo è Carlo, un piccolo imprenditore sulla quarantina, alle sue dipendenze due operai. Il mio sospetto è che Carlo sia un imbianchino, vista la varietà di colori presente sulle sue scarpe da lavoro e sui suoi pantaloni. E’ chiaro, se non sei geometra, non fai il ragioniere, non sei medico, non lavori per la pubblica amministrazione e lavori per conto proprio, sei un imprenditore, tante volte anche di se stessi. Il terzo personaggio del gruppo si chiama Gino, un uomo dall’età non decifrabile, probabilmente tra i trentotto e i quarantacinque anni, uno sguardo sempre triste e spesso assente. Il quarto ed ultimo è Alberto, un ragazzo sui trentacinque anni che lavora in centro come commesso presso un negozio di vestiti da uomo. Sicuramente il più appariscente per aspetto e per temperamento è Carlo. Un ragazzone di media altezza con due avambracci asciutti e muscolosi e, con una data tatuata per braccio a ricordo della nascita dei suoi due figli. Solo nel braccio di destra è presente un tatuaggio a forma di saetta a ricordo, come disse lui con voce baritonale, della separazione con Rita. Il suo viso allungato solcato da due lunghe basette e coronato da due occhi scuri e profondi gli rendono un immagine di bello e maledetto che a tante donne piace. Sebbene la sua simpatia sia contagiosa, la parlata e la cadenza volutamente e tipicamente veneta, rendono i suoi discorsi pari a delle infinite nenie. Altra cosa che distingue Carlo dagli altri, è l’uso incontrollato e smodato della bestemmia. Questa talvolta serve per iniziare una frase, ma viene usata indifferentemente come sostituto della punteggiatura, fungendo tante volte anche come punto esclamativo. Carlo è come una moto da cross, bella e grintosa nell’aspetto, ma rumorosa e non rispettosa del silenzio quando la si vuole usare.
Mario, il più vecchio del gruppo, è un uomo brizzolato con la barba spesso incolta e con un paio di occhiali calati a metà del naso. Presumo abbia una coscienza cattolica. Il sospetto mi sorge dai continui rimproveri a Carlo per un linguaggio sicuramente da bar, ma che richiede spesso la presenza di nostro Signore a testimonianza del suo pensiero. Mario è conscio di non dover dimostrare niente a nessuno. Solo lui sa perché ha scelto di fare il medico anche se deve ancora capire perché tra le tante specialità ha intrapreso quella dell’anestesista. Confida talvolta ai suoi amici la difficoltà di accettare la responsabilità di avere nelle sue mani la vita degli altri. Tante volte mentre sorseggia il suo caffè lungo, su tazza grande, imbastisce dei discorsi complessi con Alberto, il più giovane del gruppo. Grandi tutt’ora restano i suoi dubbi tra religione e scienza, tra la coscienza e la morale, tra l’eticamente giusto e il o moralmente giustificato; discorsi troppo difficili per Carlo, troppo preso da il più delle volte a maledire la sua ex moglie o a sacramentare sulle inadempienze dei figli, che naturalmente assomigliano alla moglie.
Gino è il più silenzioso del gruppo. Dopo tanto tempo ho capito i lunghi silenzi di Gino accompagnati qualche rara volta da timidi sorrisi. Casualmente avevo trovato una foto di un giovane ragazzo per terra vicino al bancone del bar e lo avevo dato alla barista chiedendo se lo conoscesse. E’ stato allora che sono venuto a sapere che quel ragazzo così giovane era il figlio di Gino ed era morto per un tumore in testa, dopo aver tentato ogni tipo di terapia. Gino non si era mai ripreso dalla morte di suo figlio sebbene fossero passati più di cinque anni. Portava sempre con se la sua foto, dove sul retro una frase faceva mantenere le distanze a coloro che cercavano con delle ovvietà di dare delle giustificazioni al lutto ”A un cuore in pezzi nessuno s’avvicini senza l’alto privilegio di avere sofferto altrettanto” Emily Dickinson.
Alberto e’ un ragazzo di bell’aspetto e dai modi garbati rispettoso degli altri e, con un timbro di voce sempre moderato. E’ molto amico di Gino per essersi offerto di assistere suo figlio fino alla fine e con Gino custode di un segreto ormai risaputo da tutti. Alberto e’ gay. La sua vera sessualità l’ha scoperta da grande dopo aver avuto una lunga e tormentata storia con una ragazza. Poi si è accettato e ha accettato che l’altra metà della sua mela non poteva essere femminile. Questa verità l’ho saputa da dei discorsi della barista, fatti con una sua amica durante una richiesta, da parte di questa, di referenze su Alberto.

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2. Ciao Enzo

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