20 Aprile 2019
Quello, decisamente fu un giorno memorabile. Tanta gente, tanti uomini di tante estrazioni sociali, tante sigle, tante bandiere, tanti slogan, tanti inni, tanti canti e tanti striscioni. La polizia era ai lati del corteo in assetto antisommossa, le camionette erano site ad ogni angolo, la paura era di scontrarci con quelli della Destra. Non ci furono contatti qualche screzio con la “pula” ma niente di più. Linda ed io, ci mantenemmo sempre a vista, incrociammo i nostri sguardi più e più volte quel giorno anche se ognuno sembrava perorare la propria causa occupandosi solo marginalmente dell’altro. Alla sera quando il grande corteo si dissolse, tutti cercarono di far ritorno a casa, al treno o di trovare rifugio da qualche amico o conoscente. Noi decidemmo di passare la notte all’università occupata, dove i compagni avevano allestito una sessione dormitorio, divisa in un reparto maschile e in uno femminile. Sebbene fosse la più grande rivolta colturale del secolo dove ogni cosa veniva messa in discussione, le apparenze andavano mantenute: le donne dovevano dormire con le donne e gli uomini con gli uomini. Non sempre le regole nei dormitori venivano rispettate, difatti, durante la notte le carte si mescolavano e avvenivano strani andirivieni di persone. Ogni rivoluzione è costituita da truppe e alla fine del giorno, le truppe devono essere sfamate e così facemmo anche noi. Mettemmo in comune, da buoni compagni, le risorse contenute nei nostri zaini, poi Linda ed io ci sedemmo vicini commentando gli eventi della giornata e gli interventi dei compagni che ci avevano più colpito. Uno non lasciava terminare l’altro e le due voci spesso si intrecciavano scusandoci l’un l’altro per le interposizioni. Le citazioni di poeti, filosofi, politici, compagni illustri, vennero sprecate come due accaniti giocatori di scopa che cercano il punto a qualsiasi costo, naturalmente escogitando tutti i trucchi possibili per cogliere impreparato l’avversario. Le sigarette rigorosamente fatte a mano per non chiamarsi schiavi delle multinazionali del tabacco, non si contarono e il fumo cominciò a diventare così denso da rendere l’aria irrespirabile. Fu allora che chiesi a Linda una tregua per uscire a respirare. Lei acconsentì e quando entrambi andammo fuori dalle porte dell’università erano le due di notte. I più stavano dormendo anche se qualcuno faceva dell’altro. I più coraggiosi, non sempre intonati, strimpellavano una chitarra. Non si sa come, ma ad ogni raduno una chitarra alla fine faceva la sua comparsa e con lei ci si abbandonava a cantare le canzoni più disparate. Quella notte la luna era alta, tonda e piena. Una luna alla quale io non avevo mai fatto caso, ma quella notte Linda invece me la fece notare. Dopo quella giornata socio-politica decidemmo di osservare la città eterna dall’alto e ci incamminammo verso il Pincio. Raggiunta la meta, il panorama che si presentò a noi fu mozzafiato. Le ombre, create dalla luna piena, rendevano Roma allo stesso tempo misteriosa e stucchevole. L’aria era fresca, ma non fredda. Quella leggera frescura sufficiente perché due corpi trovassero il piacere di stare vicini, appagandosi del calore l’uno dell’altro, senza creare né fastidio, né imbarazzo. Fu allora che Linda guardando la luna poggiò la sua testa sulla mia spalla. La sua mossa mi raggelò il sangue. Mi trovai in quella situazione in cui, il più delle volte un uomo imbranato come lo ero io, non sa cosa fare. E’ uno dei momenti della vita, in cui se diventi troppo ardito nell’iniziativa, rompi l’idillio creato con difficoltà; invece se sei troppo timido nell’iniziativa, fai passare il messaggio di essere o poco interessato alla situazione o peggio ancora che non sai come destreggiarti. E’ proprio qui che la natura femminile pesa il tuo carattere, il tuo machismo, la tua autorevolezza, la tua spavalderia e la tua essenza di uomo. La decisione che si prenderà in quel momento ti catalogherà sicuramente o tra i temerari o tra i “pirle”.