22 Febbraio 2019
Io ripenso ai miei ragazzi in carcere e credo che oggi non parlerò di cosa è successo fuori dalle loro mura, ma inizierò la lezione con la poesia di Fernando Pessoa.
Tutti abbiamo due vite:
quella vera, che è quella sognata dall’infanzia ,
e che continuiamo a sognare, da adulti, in un sostrato di nebbia,
quella falsa, che è quella che viviamo in convivenza con gli altri,
che è quella pratica, quella utile,
quella in cui finiscono per chiuderci in una bara.
Nell’altra non ci sono ne bare ne morte.
Ci sono solo illustrazioni dell’infanzia:
grandi libri colorati, da guardare ma non da leggere;
grandi pagine con i colori per ricordare più tardi.
Nell’altra siamo noi,
nell’altra viviamo;
in questa moriamo, che è ciò che vivere significa.
Racconterò loro che volendo possiamo crearci un mondo sognato nell’infanzia. Il mondo può essere colorato, ma loro devono essere gli artefici dei colori. Forse lasciando un mondo colorato potremmo beffare la morte creare l’immortalità e dare un senso alla nostra vita. Ma soprattutto quando ci si dovesse trovare improvvisamente di fronte ad un burrone non si dovrebbe prendere paura ma pensare che “La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare”.
In fondo a me le grandi sfide sono sempre piaciute e quale sfida risulta più grande se non cercare di riabilitare questi ragazzi? E’ dai giovani e dalla cultura che bisogna ripartire. Non c’è altro da dire.
Qualora la pensassi diversamente da Gigi, esprimi una tua opinione però prima lasciaci come impronta la tua età.