3 Novembre 2018
Quando i prezzi erano ancora proibitivi, la cocaina, molto più drammatica come droga, era ed e’ tuttora usata dai vip, gente di potere e con capacità decisionale. Quello è molto grave non una canna. E poi l’alcool non è alla pari di una droga? I giovani anche se giovanissimi non arrivano in ospedale in coma etilico? Carlo non vuole capire e va via un po’ perplesso. Non gli è ancora chiaro come porsi con i suoi figli e soprattutto non sa cosa dire nell’assemblea convocata dalla preside quella sera stessa per affrontare il problema della scuola. Forse avrebbe voluto che ci andasse Rita, ma mi sa che questa volta ci deve proprio andare lui. Le ultime dieci assemblee le aveva tutte evitate abducendo le scuse più varie, compreso un corso di sicurezza sul lavoro tenuto dalle venti alle ventidue di venerdì sera. Gino ha sempre ascoltato chiuso nel suo triste mutismo. Ogni tanto pensa come si sarebbe comportato se suo figlio avesse incontrato questo problema. Forse ne avrebbe semplicemente parlato guardandosi negli occhi con sincerità, come facevano sempre, conscio del fatto che nessuno nasce sapendo fare il genitore e che ogni figlio ha le sue debolezze e le sue virtù. Per sei mesi è rimasto a casa dal lavoro facendo uso di tranquillanti, talvolta abusando di questi, soprattutto quando il sonno non voleva accompagnarlo tra le braccia di Morfeo. Ha abusato anche di alcool, durante un dispiacere può sembrare un valido aiuto, ma alla fine dopo la sbornia ti lascia più triste e più vuoto. Avrebbe provato qualsiasi sostanza pur di lenire anche di poco il suo dolore. L’ha fermato solo la timidezza e la paura di farsi scoprire mentre voleva comperare l’illecito nella terra di nessuno dove vige lo spaccio. Lui persona integerrima responsabile di un pacchetto clienti azionisti cospicuo, non poteva rovinarsi del tutto facendosi beccare a mercanteggiare con un pusher. La droga però, se fosse stata a disposizione come le sigarette in anonimi distributori automatici, lui sicuramente ne avrebbe fatto uso, sperava che il dolore della sua anima fosse almeno per un attimo alleviato. Questo Gino non lo poteva raccontare a Carlo già confuso, ma ad Alberto aveva già confidato questo suo passato buio dopo la morte di suo figlio e come sempre Alberto aveva ascoltato senza commentare. In fondo anche lui prima di capirsi era stato da più psicologi e tanti gli avevano prescritto psicofarmaci: droghe legalizzate dove andiamo a nascondere il male di vivere, la difficoltà di accettarsi, in cui affondiamo la volontà di affrontare la realtà a testa alta. E’ stata sua madre la prima a capire il suo disagio e a sdoganare le sue paure, le sue ansie e a dargli garanzie sulla sua normalità. “Il minimo comun denominatore di una coppia – gli ha spiegato, con un leggero sorriso sulle labbra – è l’amore, non i cromosomi che la compongono”. Il giorno dopo la madre gli ha regalato un braccialetto in cuoio dove era incisa una breve frase di Carl Gustav Jung: ”In ognuno di noi c’è un altro che non conosciamo” e aveva fatto aggiungere “e ora tu hai la fortuna di conoscerlo”. Questo semplice gesto di sua madre gli aveva permesso di buttare in un sol colpo il Tavor e lo Xanax per vincere la paura, lo Zoloft e Laroxyl per i momenti più bui della depressione e sostituire il tutto con un semplice estratto di fiori di Bach per far felice la sua amica erborista salutista.