22 Febbraio 2019
Anche questa mattina mi reco in stazione. Tanta gente, polizia, militari in coppia che chiedono i documenti. Anch’io sono tra quelli fermati. Non mi sembra di somigliare ad un esponente dell’ISIS o ad un pericoloso malavitoso. Questa mattina non ho neanche messo la kefiah perché ho caldo e non ho in mano neppure Il Manifesto, eppure vengo fermato. Se è necessario per la sicurezza ben venga, però che sia strategico fermare proprio me, un vecchio professore d’italiano in pensione mi sembra una cosa un po’ irrazionale. Per fortuna non ero nelle vicinanze del mare, altrimenti con la mia carnagione un po’ olivastra mi avrebbero scambiato per un profugo sbarcato notte tempo. Mi avvicino al bancone del bar, dove Marisa la barista con un gran sorriso mi accoglie, facendomi dimenticare l’incontro con i militari. La gente in divisa mi ha sempre messo un po’ a disagio, forse perché quando la si vede si pensa sempre sia presente solo per multare o per limitare la libertà. L’immagine del militare poi è senza dubbio legata alla guerra, ai colpi di Stato, ai diritti violati e mai alla pace. Soldati e pace, d’altronde, è un connubio per me difficile da coniugare. Forse, il disagio che provo è legato proprio a questa mia incapacità di identificare la divisa come un simbolo di sicurezza, ma di oppressione. Sorrido, mentre sorseggio lentamente il mio bollente tè al mirtillo, che a quanto pare, sembra abbia effetti benefici sulla prostata. Sorrido perché anche Mario è stato fermato e lui pure perquisito. Quando il nostro anestesista arriva al banco dalla Marisa per il consueto caffè, scoppia in una sonora risata parlando con Carlo. Gli racconta che il giorno precedente aveva dimenticato nella tasca del camice delle siringhe da insulina. Se i due gendarmi di oggi, lo avessero perquisito il giorno prima, sarebbe stata lunga e tortuosa la spiegazione da dare, soprattutto perché carabinieri. Il viso di Mario era tuttavia rimasto sereno anche perché il giorno prima aveva aiutato una madre a far nascere la sua bambina, forse il momento più bello per un medico. Aiutare qualcuno a condividere il mondo in cui viviamo e pensare che il nascituro forse potrebbe essere d’ausilio per renderlo migliore. Nascere è considerato un atto naturale, invece è un passaggio estremamente complicato e pieno di insidie. In pochi attimi, quasi come in una magia illusoria di Houdini, la tua vita dipende da una prolunga della madre, poi come d’incanto cominci a respirare da solo e ad emettere dei vagiti, trasformandoti da bimbo palombaro a bimbo terrestre.