31 Marzo 2019
“Ma poi, cosa significherà sportivo tendente all’elegante. Boh!”. La stessa domanda se la pone anche la Marisa che a differenza di Carlo chiede spiegazioni. Scusa Carlo: “Ma cosa intendi sportivo tendente all’elegante?”, “Ah guarda Marisa, per me elegante tendente allo sportivo significa: un jeans pulito ma non strappato, in modo da potermi sedere dove mi pare. Se si macchia il pantalone jeans non dà così nell’occhio, sembra semplicemente un indumento vissuto. Una camicia a righe verticali, che mi snellisca un po’ e una giacchetta che faccia anche da giubbotto, perché troppi strati di vestiario mi limitano i movimenti”. “Capisco”, ribatté Marisa girandosi sorridendo e preparando contemporaneamente l’ennesimo caffè. “Pensavo, tu avessi chiesto aiuto ad Alberto, lui un’idea di moda e di abbinamenti la possiede facendolo di mestiere”. “Guarda Marisa, una volta ho richiesto il suo aiuto per andare ad un matrimonio. Mi ha fatto venire il mal di testa discutendo sul colore e sulla lunghezza dei calzini da mettere.” “E come hai fatto quella volta?”, “Semplice,” sorrise Carlo: “mi sono vestito sportivo tendente all’elegante, in fondo non ero mica lo sposo! E poi alla fine, il matrimonio è terminato a gavettoni. Pensa se fossi stato vestito come un damerino, non mi sarei divertivo e avrei avuto tutti gli abiti rovinati.” Per fortuna quella volta ho fatto di testa mia altrimenti il prete avrebbe dovuto celebrare un’altra messa per chiedere perdono a Dio per quante volte lo avrei scomodato nominandolo nei miei discorsi.” Mario di fronte a queste considerazioni mattutine ride sonoramente incalzando Carlo però sull’andamento della serata. “ Ma scusa Carlo al di là di come eri vestito, come è proseguita la serata?”. Carlo non aspetta altro. Sembrava il traversone di Cabrini ai Mondiali dell’82 in Spagna. Cross da sinistra del grande mancino e goal di Rossi di testa alla sinistra del portiere. Carlo inizia. ”Sono entrato in questo locale e mi sono seduto al bancone ordinando la classica birra da mezzo. I super alcolici non mi appartengono, mi danno alla testa. Mi guardo intorno e incrocio lo sguardo di una biondina sull’angolo del locale che continua a fissarmi discorrendo con una sua amica. Pensando non stesse osservando proprio il sottoscritto, non ho dato peso alla cosa. Poi mi sono girato all’improvviso e ho notato che continuava a guardarmi e, che forse l’argomento della discussione delle due donzelle ero proprio io. Mario interviene: “Allora sei stato catturato, non hai catturato!”. Colto nel vivo Carlo, abbozza una spiegazione atteggiandosi da viveur: “Ora ti dirò una grande verità, caro Mario, che ti puoi anche appuntare.” “Sono tutto orecchi” risponde Mario, “Adesso mi prendo una penna e trascrivo queste perle di saggezza che stai per proferire.” “Proferire? E’ la pura e nuda realtà! Sappi, che sono sempre le donne a sceglierci sostenendo di aver subito il nostro fascino. Noi ovviamente convinti di essere sempre Adoni, ci crediamo e abbocchiamo al l’amo sempre. Vero Marisa?”. Marisa sorride. “E’ la prima cosa giusta che ti sento dire dopo anni che frequenti questo bar”. Carlo: “Dico una marea di cose giuste, ma tu ascolti solo quello che ti pare!” “Comunque andiamo al dunque” replica Mario. “Il dunque è presto raccontato. La biondina con un fare da timidona mi si avvicina e mi chiede se per caso ero della zona, la sua amica e lei lo lo volevano sapere perché stavano cercando un locale dove facessero il karaoke. “Sai”, mi disse la biondina, “ci sono delle sere che avresti voglia di cantare a squarciagola, anzi meglio ancora, di urlare tutta la tua rabbia come si fa nel trenino delle montagne russe quando affronta la grande curva della morte. ”Falso come Giuda dissi: “Succede anche a me. Alcune sere mi andrebbe di cantare ma, non trovo mai la compagnia giusta, tanto che rimpiango quei giorni in cui cantavo nel coro della chiesa.” “Scusa Carlo ma tu cantavi?” Replicò Mario. “No, sono stonato come una campana. Mi avevano scartato anche dal coro degli Alpini durante la naia. Ricordo che quando partecipavo per fare numero, mi pregavano di aprire e chiudere solo la bocca come fossi un pesce. Praticamente cantavo in playback.” “Furbo il nostro playboy”, bofonchiò Mario. Tutti e tre: la biondina, l’amica ed io ci dirigemmo alla birreria di Andrea, dove sapevo esserci ‘sto trabiccolo per cantare e lì le due si sfogarono storpiando Baglioni, Cocciante, Celentano ed infine la Bertè, non soddisfatte si cimentarono anche con Mengoni. L’amica della biondina ad un certo punto ricevette una telefonata dove adduceva ad un impegno improvviso. Mi sembrava strano vista la una di notte, ma come sai le donne sono furbe, una ne pensano, cento ne fanno. Era niente altro che un segnale convenuto tra le due amiche perché la biondina ed io potessimo rimanere soli. Giulia e io, questo il suo nome, passammo un’altra ora buona assieme, ognuno ad elencare all’altro le proprie tristezze e le proprie disgrazie. Due anime sole. Due corpi soli. Due letti matrimoniali vuoti, due proprietari di frigo con niente dentro, come sovviene ai single, due persone che cercavano compagnia. “Non sei tornato a casa solo da quanto intendo.” Sorrise con malizia ancora Mario. “Non sono proprio tornato. Sono direttamente andato a casa di Giulia. E’ stata una notte di passione e di tenerezze.” Marisa faceva finta di non sentire, ma cercava di portare il lavoro sempre più vicino a Carlo e Mario per origliare meglio. Carlo a questo punto entrò in descrizioni anatomiche e dettagli amorosi facendo sovente ridere Mario, il quale lo incalzava in modo tale che quel gallo cedrone potesse mostrare tutti i suoi colori. I discorsi tra uomini dopo una nottata di sesso-amore assomigliano molto ai racconti dei pescatori o dei cacciatori. Quando due cacciatori si incontrano e raccontano l’uno all’altro le proprie battute di caccia, uno dei due ha sempre preso la selvaggina più grossa o la lepre più veloce. Nei loro racconti la natura viene sfidata, la sfortuna sbeffeggiata, la loro destrezza esaltata, la capacità venatoria elevata a tal punto che Diana, Dea della caccia, dovrebbe dimettersi dall’Olimpo per marcata inferiorità. Lo stesso vale per i pescatori, dove il pesce catturato, sempre di grosse dimensioni, diventa momento di esaltazione personale, sino a mimare possibili doti fisico ormonali. Carlo appariva così, come un cacciatore-pescatore che si beava della sua partita di caccia con preda annessa.