22 Febbraio 2019

5. Adila

di Sandro

Gino ascolta, si commuove, ricorda il momento che suo figlio era nato. Rammenta che lui lo avevano vestito con un camice sterile perché potesse seguire il parto. Ricorda anche che aveva avuto un mancamento e che gli infermieri avevano dovuto seguire anche lui, sottraendo tempo al nascituro. Una figuraccia che spesso gli uomini fanno, sicuri del proprio essere machi, ma infine instabili nel controllare le proprie emozioni. Sì, quelle emozioni che non vengono spesso governate durante gli eccessi di ira e che trasformano gli uomini in esseri violenti, soprattutto nei confronti delle donne, compagne di vita e talvolta protagoniste della cronaca nera. Gli uomini sono così puerili in tante azioni, facili all’ira, talvolta instabili negli affetti, immaturi nelle relazioni, facilmente suggestionabili. A ragione qualcuno disse: “Se ci fossero più donne a governare forse ci sarebbero meno guerre”. Gino senza farsi accorgere, soprattutto da Marisa la barista, si scosta gli occhiali e facendo finta di soffiarsi il naso si asciuga gli occhi. Chiede sottovoce a Mario se la puerpera aveva marito, parenti, conoscenti, al suo fianco. Mario risponde che la sua vita e quella di Adila in Nigeria, da dove proviene la puerpera, sarebbero state sicuramente in pericolo per la complessità del parto, tuttavia ora nulla sarebbe stato sicuramente facile essendo lei sola e assistita dai servizi sociali. Però a differenza nostra, le donne africane abituate a vite difficili, considerano qualsiasi impervietà della nostra società facilmente affrontabile avendo già provato il peggio possibile. Tutto ciò che le viene donato è ben accetto e far nascere la loro creatura in un paese europeo è già una conquista di libertà e, una possibilità maggiore di sopravvivenza. Siamo vicini a Natale e tante volte non sappiamo come lavare l’anima dalle nostre mancanze, compriamo cose inutili che occupano spazi già angusti dei nostri appartamenti, ricicliamo regali di altri in una allegra sagra dell’ipocrisia. Gino, Alberto e Carlo si guardano negli occhi, forse quest’anno sanno a chi fare un regalo. Con il cuore, senza digitare numeri che compaiono sul piccolo schermo, facendo finalmente un’azione degna di essere chiamata tale, tangibile e vera. Andranno a trovare Adila. Le porteranno dei soldi, che possono essere sempre utili e il necessario imminente per la neonata. Marisa che ha ascoltato tutto, vuole unirsi al gruppo, ricordando che lei era l’unica donna mamma ed ormai nonna e, la sola che poteva capire la puerpera. Per tutte queste ragioni riteneva doverosa e opportuna la sua presenza. Si sarebbero tutti ritrovati nel pomeriggio davanti all’ospedale ad orario visite. Vado a prendere il mio treno. Dopo aver assistito agli ultimi accordi del gruppo Gigi riprende il suo viaggio verso le carceri arricchito di ciò che ha ascoltato. Quattro persone, anzi cinque con la Marisa, riescono ad emozionarsi di fronte ad una mamma con un bambino. Allora è rimasto qualcosa dentro di noi. Noi sommersi dagli eventi della vita, dalla tecnologia, dal trambusto quotidiano, dalle riba bancarie, dalle scadenze mensili, dalle incombenze dei mutui, dalle ingiustizie sociali. Al di là di tutto, riusciamo ancora a fermarci e meravigliarci di uno degli incantesimi della natura: la mamma con un bambino. Mi viene in mente una frase di Erich Fromm: “Il compito principale della vita di un uomo è di dare alla luce sé stesso”. Gli amici al bar hanno mostrato la luce migliore di loro stessi.

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4. . . . Mi fido di te . . .

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6. Ti auguro Felicità

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