30 Novembre 2019

Società di intenti

di Sandro

Chi scrive non proviene da un’esperienza societaria. Ha sempre creduto all’uomo solo al comando. Non è detto che in futuro non possa cedere ad una realtà gestionale diversa, anche perché da soli risulta difficile tenere testa a tutto quello che richiede un’attività ambulatoriale. Penso che se la società è paritaria si debba riconoscere tra i soci, chi ha la capacità amministrativa e chi la capacità decisionale scientifica. Noi purtroppo dobbiamo diventare degli abili strateghi negli approvvigionamenti dei farmaci e dei materiali di consumo, senza cadere in eccessi compulsivi di acquisto (poiché i materiali e i farmaci hanno una scadenza), ne farci prendere da fenomeni di tirchieria da non permetterci di lavorare con un piccolo margine di errore.
Questo passaggio non risulta difficile perché spesso demandare la parte amministrativa ci permette di esonerarci da dimenticanze o strategie commerciali inopportune. Quello che risulta difficile è eleggere la persona con un potere decisionale di tipo scientifico. Eleggere il Primario della situazione significa due cose: la prima è di ammettere i propri limiti; la seconda è di riconoscere, ad un tuo pari, la sua superiorità dal punto di vista medico-scientifico e, questo sicuramente è la cosa più difficile da accettare. Come dice Platone: “Avremmo tutti bisogno di essere guidati da un capo filosofo illuminato che facesse il nostro bene, ma noi che filosofi non siamo, riusciamo difficilmente ad accettarlo”.
Talvolta si decide di seguire protocolli internazionali convalidati, in modo da agire con metodo rigorosamente scientifico, senza cercare scorciatoie o magari basandosi solo sulla propria esperienza. Anche questo può essere causa di contrasti e di astio, poiché potrebbe diventare una rincorsa a chi si aggiorna prima, di più, o una gara a chi legge l’ultimo articolo scientifico. Queste piccole competizioni, che si innescano all’interno di una struttura, sono sicuramente stimolanti, in quanto implicano un costante aggiornamento, ma anche un innesco di discussioni, non sempre ottimali per mantenere un ambiente lavorativo sereno.
Concludendo, ritengo che una società di liberi professionisti debba basarsi soprattutto su una stima profonda e reciproca tra colleghi, tanto da sentire l’esigenza della loro presenza. Pensare di fare una società basata su quote di partecipazione può, a lungo andare, diventare motivo di contrasto e di difficile convivenza.

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