13 Ottobre 2018

Quando diventa indispensabile aprire un ambulatorio?

di Sandro

Ho pensato a lungo prima di dare una risposta a tale quesito. Ho pensato e ripensato a cosa mi ha dato l’input, lo slancio, il coraggio l’arroganza di collocare un’altra croce azzurra su una vetrina di un territorio già congesto. Ho riflettuto su chi avesse deciso che dovevo competere con altri colleghi che lavoravano in loco già da anni e molto più bravi di me . Ho ricordato come ho iniziato questa avventura e pian pianino sono riaffiorate quelle mezze frasi dette , quelle mezze parole sussurratemi , sono state simili a delle secchiate d’acqua lanciate dai tifosi lungo una tappa di montagna per un corridore. L’acqua ti desta per un istante dalla tua fatica, ma la maglietta rimane intrisa di liquido per un lungo tratto, accompagnandoti nella tua scalata. Se si cerca dentro di sé la serenità per essere adeguato e abbastanza preparato per il lavoro che si andrà a condurre per ricavarne reddito e gratitudine professionale , il tempo non basterà mai . Rubando una nomenclatura tanto cara ai commercialisti non sarai mai “congruo e coerente con te stesso” e ci si sentirà come un gladiatore nell’arena, non sicuramente certo della vittoria. Forse la secchiata d’acqua più violenta l’ho ricevuta dalla mia collega al momento di una richiesta d’aumento di stipendio dopo diversi anni alle sue dipendenze. Il suo suggerimento , che poi divenne assai prezioso, fu quello di rivolgermi presso una clinica per cercare eventuali altri sbocchi occupazionali o di tentare di aprire una struttura per mio conto. Un altro input mi fu dato da un collega che semplicemente confidava sul fatto che in una giornata lavorativa almeno un paio di persone sarebbero entrate nella mia nuova struttura: chi per curiosità, chi per necessità, chi per una visita , chi per un vaccino , chi per un consiglio o un sacco di mangime, qualcosa sicuramente avrei fatto per tirar sera .
No, pensandoci bene queste non sono state le molle giuste, bensì è stato il tempo rappresentato dall’età e la voglia di essere liberi nel prendere le mie decisioni.
La mia vita ha avuto una grande costante: il tempo da rincorrere. Io ho visto le spalle del tempo di fronte a me come gli inseguitori videro quelle di Pantani sul Piancavallo e, solo ora seduto di fronte al mio computer capisco che il tempo non mi è mai stato davanti ma al mio fianco. Sì al mio fianco e così vicino e così di ausilio da ricordarmi un’altra immagine ciclistica: Coppi che passa la borraccia per dissetarsi a Bartali.
Il tempo mi e’ stato così a fianco con la sua borraccia da darmi il tempo di fiatare e dissetarmi per ricorrerlo.
Ho deciso di aprire perché a quasi trentasette anni era giunto il momento. Era l’età in cui i chirurghi prendevano il bisturi in mano, era l’età che uno termina una specializzazione, era l’età che ti permette ancora di scommettere , era l’età in cui decidi “ ORA O MAI PIÙ”. Aspettando ancora, il tempo avrebbe poi tolto anche quel po’ di sana irresponsabilità . Quell’irresponsabilità che pervade sempre i giovani e che spesso fa solo capolino tra i meno giovani in una diatriba inconcludente tra paure e slanci di vitalità impulsiva .
Una propria struttura si apre anche per un secondo motivo che forse è il più importante e forse è il solo e vero motore di ricerca della tua felicità ….. la libertà. E come disse una famosa attrice in un film “Se non ti piace la tua strada prova ad asfaltartene un’altra”.
Io, in fondo, ho sempre cercato la libertà; ma la libertà nel mio lavoro cos’è?E’ quella che io chiamo libertà di scelta, libertà di applicare il prezzario secondo scienza e coscienza, libertà di esprimersi secondo la propria morale, libertà di dire le cose come stanno senza preamboli, libertà di rifiutare un cliente, libertà di non dover giustificare la propria decisione se non a se stesso, libertà di fare autocritica mettendo di fronte come unico giudice la scientificità delle proprie azioni, libertà di censurarsi, libertà di prendere decisioni talvolta impopolari.
Quando uno ricerca questo tipo di libertà è pronto per spiccare un volo in solitaria, sapendo che il dono di questa non è una conquista gratuita, anzi richiede un impegno costante per ricordarsi di mantenersi sempre liberi. Il gioco perverso in cui si può cadere, invece, è di diventare schiavo delle esigenze delle persone, delle situazioni e del tempo.
Questo lavoro non è un mestiere qualsiasi. Non è una merceria con degli orari di apertura e di chiusura; è un’attività che richiede al tempo di non avere orari, che richiede ai tuoi famigliari, ai tuoi amici, ai tuoi figli, come unico regalo ancora del tempo. Il tempo diventa la tua moneta di scambio, l’unico vero dazio da pagare se non riesci a regolare la quotidianità della tua vita con quella della tua professione.
Qui mi fermo perché ognuno ha le sue accortezze e la sue sensibilità per gestire il proprio tempo, l’unica cosa che si cerca di fare è che questo con uno scatto perentorio non ti scorra e ti passi avanti come Pantani sul Piancavallo, lasciandoci lì attoniti e timorosi di esserci persi lo spettacolo della vita.

Condividi