21 Dicembre 2019

Notturno dei pastori

di Sandro Guido Carretta Daniele

Sin qui la più antica storia che si tramanda nel tempo l’ha raccontata Guido, l’autore disegnatore e come si evince anche scrittore. Ora la proseguo io, Sandro, secondo cittadino dell’immaginifico mondo bestiale.
I quattro cani rimasero tutta la notte a scrutare gli eventi, sebbene non riguardassero personalmente i loro destini, li stupirono a tal punto, da rimanere turbati per sempre nei loro comportamenti. Osservarono meravigliati la gente che andava e veniva dalla grotta. Qualcuno si inginocchiava, qualcuno pregava, qualcuno diceva delle litanie, altri ringraziavano il bambino nella culla. Taluni sussurravano: “E’ nato il Messia”, qualcun altro bisbigliava: “E’ nato il nostro futuro Condottiero”. I cani non capivano, però da tutta questa gente ne traevano piacere, perché spesso lasciavano loro del cibo. Trascorsero i giorni.
Il gregge stazionava lì vicino, perché il loro capo aveva deciso che il latte delle due ultime capre partorienti avrebbe potuto aiutare la puerpera ed il suo bimbo. I controlli dei quattro cani ad un certo punto si infittirono e i turni notturni si fecero più vigili. Si era diffusa la notizia, che dei soldati erano alla ricerca di un bambino “RE”. Loro nel più profondo dell’animo canino lo sapevano. Non poteva essere quel bambinello nato in una grotta, un Re. L’avevano visto pure loro nascere tra un asino ed un bue e, testimoni erano dei pastori. Un bambino reale non nasce in una grotta! A loro, però l’idea di essere diventati i guardiani, non delle solite pecore e capre, ma di una persona importante, forse un re, li rendeva tutti più presuntuosamente compiaciuti. Che immaginazione hanno spesso i cani! E poi criticano gli umani!
Dopo un po’ di tempo gli abitanti della grotta andarono via. Di quella famiglia strana i cani continuarono a sentirne parlare. Erano i pastori che nelle notti fredde vicino al fuoco raccontavano le gesta del bambino nella mangiatoia, diventato grande. Anche i cani nei tempi si tramandarono gli accadimenti che i loro antenati avevano visto in una notte di dicembre, con la neve, alla presenza di una stella e dentro una grotta.
Un giorno, i cani pastore, vennero a sapere che il bimbo diventato uomo era stato ucciso. C’era chi dava colpa alla politica, chi alla religione, chi a tutte e due. Alla morte del bambino nato nella grotta, i discendenti del pastore tedesco, del pastore maremmano, del pastore bergamasco e del pastore belga decisero di scappare dai loro padroni e andarono per il mondo a raccontare ai loro simili questa strana storia che, i cani dei pastori nati in Palestina, si tramandavano da generazioni. In questo modo tutti gli altri cani sarebbero venuti a conoscenza della vicenda incredibile e allo stesso tempo sorprendente. I cani pastore naturalmente, non conoscevano il nome del luogo dove si sarebbero fermati. Ora noi sappiamo che si chiamavano così perché abbiamo avuto dei riscontri visivi da antichi disegni trovati in Palestina. E’ facile capire che il pastore che si fermò nelle valli che circondano Bergamo e Brescia, prese il nome di pastore Bergamasco. Portò con sé il suo dialetto, i sui peli rasta e il suo umore un po’ ombroso e, si fuse con la popolazione autoctona. Il pastore che si fermò in maremma, venne chiamato pastore maremmano. Chi andò in Germania pastore tedesco e chi si fermò nei paesi bassi e fiamminghi, pastore Belga. A tutt’oggi si continua a raccontare questa strana storia di un bambino che a dicembre è nato in una grotta. Quando alle mostre canine si vedono due cani, anche di razze diverse da quelle descritte, avvicinarsi e annusarsi le orecchie, sappiamo che si stanno raccontando questa antica storia e, se noi si crede alle ai racconti, dobbiamo lasciare che si tramandino. I veri custodi morali però di questo strano evento sono realmente i cani pastori e noi veterinari lo sappiamo a tal punto, che a queste quattro razze si perdona quasi tutto. Tutto compreso, anche un grosso morso che l’autore ha preso da piccolo proprio da un pastore tedesco. Gli stava quasi per staccare un braccio. Probabilmente, un morso per difendersi o forse per scaricare su di me il suo malessere di essere costretto a rimanere sempre in catena. In fondo, i cani pastori sono animali abituati ad essere lasciati liberi come i loro antenati e a “vedere cose che noi umani forse non vedremo mai”.

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