2 Dicembre 2018

Prefazione

di Sandro

Prima di inaugurare questo blog ho ritenuto opportuno citare una preghiera formulata da un medico inglese all’inizio del Novecento. Iniziare con una preghiera, quando colui che scrive non è certo un fervido credente, risulta quasi una sfida.
La sfida che però non ricade sul destinatario dell’invocazione, ma sul peso che viene dato alle parole. Queste se lette con attenzione, dando la giusta valenza, ci raccontano come siamo diventati o come stiamo diventando quando qualcuno cento anni fa aveva già lanciato il suo grido d’allarme. Penso che questa preghiera possa essere estesa anche a noi veterinari dove nel gioco si aggiunge spesso un altro concorrente il “Vil denaro”.

INVOCAZIONE DI MEDICI A DIO di Sir Robert Hutchinson

“Ci vorrebbe un’invocazione tutta nuova da recitare nelle chiese e negli ospedali e dovunque operino medici ed infermieri, (e io aggiungo senza storpiamenti anche tra i veterinari) che potrebbe suonar così:
dall’incapacità di far guarire da soli,
dal troppo zelo per il nuovo
e dal disprezzo per ciò che è vecchio,
dal mettere la conoscenza avanti alla saggezza,
l’arte dietro la scienza e l’abilità prima del buon senso,
dal trattare i pazienti come casi,
e dal rendere la cura delle malattie più penosa della sopportazione di esse, liberaci o Signore”.

Dopo questa preghiera, per chiarire anche come talvolta possiamo porci o proporci al pubblico aggiungo un pensiero tratto dalla narrativa di uno scrittore a me caro, Gianrico Carofiglio.
Il libro chiamato in causa è: “Le perfezioni provvisorie”.

“(…)Il potere sulle altre persone (e io aggiungo anche sugli animali) è qualcosa di osceno e l’unico modo per renderlo tollerabile è il rispetto. E’ la regola più importante e anche la più facile da violare. E per te?
Adorno diceva che la forma più alta di moralità è non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria. Sono d’accordo. Non bisogna sentirsi mai a troppo agio. Bisogna sempre essere un po’ fuori posto.
Giusto. Per me un’altra regola è quella sulle bugie. Bisogna cercare di dirne il meno possibile, agli altri. (…)E nessuna a se stessi.

Solo ora posso cominciare a raccontarmi cercando di essere fedele soprattutto all’ultima frase.

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Quando tutto iniziò

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